Appalti pulizie in sciopero, paga oraria ferma a sette anni fa
Due manifestazioni, una in piazza Del Carmine a Cagliari, l’altra in piazza Italia davanti alla Prefettura di Sassari, entrambe dalle 10 alle 13: il 13 novembre anche Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltrasporti regionali hanno aderito, con lo sciopero per tutto il turno di lavoro, alla mobilitazione nazionale indetta per tutelare i lavoratori delle imprese di pulizia e servizi integrati in attesa da sette anni di vedersi rinnovare il contratto, in particolare quella paga oraria rimasta ferma a sette euro lordi. Poste, Prefettura e Uffici Giudiziari sono stati scelti come luoghi simbolo della protesta perché è lì che tanti lavoratori svolgono la loro attività.
Sono 6000 mila quelli sardi coinvolti nella nuova protesta che segue le iniziative territoriali delle ultime settimane e la grande manifestazione del 21 ottobre scorso, in risposta all’indisponibilità delle associazioni datoriali e delle imprese del settore (Anip Confindustria, Confcooperative Lavoro e Servizi, Legacoop Produzione e Servizi, Unionservizi Confapi, Agci Servizi) a rinnovare il contratto collettivo nazionale.
“I lavoratori dei servizi in appalto di pulizia e sanificazione svolgono un ruolo essenziale – hanno detto i segretari regionali Nella Milazzo (Filcams Cgil), Monica Porcedda (Fisascat Cisl) e Vincenzo Di Monte (Uiltrasporti) – hanno lavorato in prima linea durante il lockdown senza avere alcun riconoscimento e, anzi, rappresentano purtroppo quel lavoro povero di diritti, di sicurezza, di stabilità“.
Le categorie sottolineando inoltre, che nemmeno la grave situazione vissuta per l’emergenza sanitaria e lo sforzo straordinario compiuto dai lavoratori, hanno determinato un miglioramento delle loro condizioni e delle complessive carenze del settore”.
Per giunta, con la pandemia molte imprese hanno incrementato in modo consistente lavoro e fatturato ma continuano a sfruttare il senso di responsabilità, il grande impegno, i sacrifici, la professionalità e la dedizione di centinaia di migliaia di lavoratori, per il 70% donne, con salari esigui (circa 7 euro lordi l’ora), orari spesso ridotti, carichi di lavoro pesanti e condizioni di lavoro difficili in molte realtà.
“In questo scenario – concludono Milazzo, Porcedda e Di Monte – è inaccettabile che si continui a impedire il rinnovo del contratto nazionale che finora ha permesso a molte imprese risparmi milionari”.