Pensioni, l’aumento per le minime è di tre euro: lo Spi Cgil si mobilita in tutta Italia
Il 33 per cento dei pensionati e delle pensionate della Sardegna percepisce un assegno tra i 500 e i 749 euro, la quota di contribuenti pensionati è pari al 36 per cento, gli anziani sono costretti a rinunciare alle cure e non possono contare sui medici di famiglia, ridotti del 34,2% negli ultimi anni: sono alcuni dati che spiegano la forza della protesta che martedì prossimo porterà, anche nell’Isola, la mobilitazione nazionale dello Spi Cgil. L’appuntamento è in piazza Garibaldi, a Cagliari a partire dalle 10, per la manifestazione che ha l’obiettivo di contrastare la legge di bilancio del Governo Meloni e che vedrà nell’Isola la partecipazione del segretario nazionale Spi Cgil Stefano Cecconi.
“I pensionati e le pensionati sono allo stremo, il loro contributo al fisco è il doppio della media europea ma in cambio subiscono tagli ai servizi, alla sanità, al welfare e, da soli, con pensioni risicate, devono supportare le famiglie impoverite dall’assenza di lavoro, dalla precarietà, dall’inflazione”: il segretario regionale dello Spi Sardegna Giacomo Migheli esprime l’esasperazione di un’intera categoria, alla quale il governo vorrebbe rispondere con pochi spiccioli, “tre euro in più al mese secondo i calcoli del Sole24Ore per le pensioni minime, da 614 a 617 euro, un’offesa alla dignità che noi respingiamo, rivendicando provvedimenti incisivi”.
Le ripercussioni della manovra, che prevede una riduzione della rivalutazione della quasi totalità delle pensioni, sarebbero devastanti secondo il dati analizzati dal Centro studi della Cgil Sardegna: una pensione che nel 2022 ammontava a 1.732 euro mensili subirà un taglio di 968 euro all’anno e chi percepisce pensioni più basse – la stragrande maggioranza nell’Isola – patisce e patirà il crollo del potere d’acquisto: per oltre il 20% l’importo è sotto i 500 euro, per il 33% tra i 500 e i 749 euro (fonte Istat). Gli ex lavoratori dipendenti, secondo dati Inps, percepiscono un importo medio inferiore a quello nazionale, con sensibili differenze di genere: 1599 euro per gli uomini (1897 euro in Italia), 830 quello femminile (989 euro la media nazionale). Nel frattempo, rileva lo Spi, i pensionati si fanno carico di figli e nipoti precari, “perchè le scelte politiche continuano a sfavorire l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, ad esempio bloccando il turn over nella pubblica amministrazione o tentando di incentivare i più anziani a restare a lavoro”.
“In questo quadro drammatico – sottolinea Giacomo Migheli – si inserisce il tentativo di smantellare il servizio sanitario pubblico nazionale, dirottando risorse verso il privato mentre noi rivendichiamo investimenti sulla non-autosufficienza, per il diritto alle cure e all’assistenza che, purtroppo, anche nell’Isola sono sostanzialmente negate”. I numeri sono eloquenti: da almeno 7 anni la Sardegna è al primo posto in Italia per percentuale di famiglie che rinunciano alle cure (fonte Gimbe): 13,7 nel 2023, +1.4 rispetto all’anno precedente (la media nazionale è 7.6). A scoraggiare sono le lunghe liste d’attesa e i redditi bassi che non possono sopperire alle carenze del servizio sanitario pubblico. La Sardegna è la prima regione in Italia per riduzione del numero di medici di famiglia: -34,2% tra il 2019 e il 2022, a fronte di una media nazionale di -11.
“Sono tante le ragioni per cui siamo in piazza a Cagliari e insieme a tutte le altre piazze d’Italia rilanceremo le nostre proposte”, conclude il segretario regionale Spi Cgil sintetizzando alcune rivendicazioni prioritarie del sindacato: “Vogliamo che il governo adegui le pensioni al costo della vita e riduca le aliquote fiscali, con una riforma redistributiva equa e solidale”. Un segnale netto contro un governo che continua a fare cassa su chi, dopo aver lavorato una vita, continua a sostenere il Paese pagando le tasse e vedendosi poi negati servizi essenziali.