Oggi la Giornata mondiale ma contrastare la violenza contro le donne deve essere priorità tutti i giorni, tutto l’anno
Slobodanka Metusev è stata uccisa dal suo compagno. Nella casa di accoglienza che li ospitava, a Capoterra, le ha inferto diciotto coltellate. Lo stesso numero dei femminicidi compiuti in Sardegna negli ultimi cinque anni. Era il 6 novembre, Slobodanka è la diciottesima vittima della violenza di un uomo contro una donna. Gli assassini sono partner o ex partner in 13 casi, negli altri 5 sono parenti. Due terzi delle vittime sono sarde, le altre straniere, il 40 per cento dei femminicidi è avvenuto nei comuni della Città Metropolitana di Cagliari.
Daniela Cadeddu è stata uccisa nel sonno, il marito l’ha colpita almeno due volte con un martello sulla testa, nella casa dove vivevano a Zeddiani, il 5 febbraio di quest’anno.
Mihaela Kleics è stata trafitta da trenta coltellate. L’ha uccisa il compagno, lasciandola senza vita in camera da letto, nella casa dove vivevano a Quartu Sant’Elena. E’ stata trovata lì il 13 dicembre 2021, probabilmente due giorni dopo il femminicidio.
Slobodanka Metusev, Daniela Cadeddu, Mihaela Kleics, Zdenka Krejcikova, Angelica Salis, Marisa Pireddu, Susanna Mallus sono donne, nomi e storie da non dimenticare. Le ricordiamo insieme a tutte le vittime di ogni tipo di violenza nella Giornata internazionale della violenza contro le donne.
“I femminicidi sono l’atto estremo di una violenza che ha diverse forme, tante volte subdole, invisibili – dice Diletta Mureddu, responsabile delle politiche di genere per la Cgil Sardegna – violenze spesso non denunciate che generano ferite profonde e si consumano attraverso gesti discriminatori, parole offensive e comportamenti che mirano a svalutare e umiliare le donne per esercitare su di loro potere e controllo, minandone la libertà”.
Cosa fare? “Sostenere le donne che subiscono la violenza attraverso il potenziamento dei centri dedicati: sono ancora pochi, e con le risorse a disposizione, insufficienti, riescono a garantire accoglienza solo per pochi mesi. E’ determinante, invece, fornire supporto anche dopo quel periodo, aiutando le donne a reinventarsi e ricostruire la loro identità e indipendenza economica e lavorativa”. Molte donne subiscono violenze perché non hanno una occupazione, sono precarie, deboli in un mercato del lavoro che premia gli uomini, anche a dispetto delle competenze.
“Servono azioni politiche forti, anche a livello nazionale – aggiunge Diletta Mureddu – per garantire l’applicazione del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023, e serve investire sulla prevenzione: non possiamo intervenire solo dopo che la violenza si è manifestata, occorre lavorare, tutti insieme, sull’educazione di genere per favorire un cambio culturale, anche con il contributo del sindacato, da una parte contrastando gli stereotipi sessisti e dall’altra fornendo modelli alternativi”. Secondo la responsabile Cgil “servono esempi e linguaggi positivi, anche nei media, e formazione costante rivolta ai medici, agli avvocati e ai magistrati, ai giornalisti, alle forze dell’ordine, a tutti coloro che a vario titolo si occupano di questo gravissimo fenomeno”.
Contrastare la violenza contro le donne “deve essere un obiettivo prioritario della società, del mondo del lavoro, dell’impresa, del sindacato, e deve essere un obiettivo da perseguire tutti i giorni per tutto l’anno, non solo il 25 novembre, con un impegno quotidiano, soprattutto degli uomini, che devono essere coinvolti e contribuire al cambiamento culturale insieme alle donne”.